martedì 21 maggio 2013

The Illuminatus

Nel 1975 viene pubblicata in volume unico una trilogia complottista, psichedelica, underground intitolata: “The illuminatus” (Gli Illuminati). Attraverso la voce di un personaggio minore, un recensore di libri per la rivista “Confrontation”, prendendosi un po’ in giro i due autori  del proprio lavoro dicono: “[...] È un mostro di libro terribilmente lungo, dice Wildeblood petulante, e certo non avrò il tempo di leggerlo, ma gli sto dando un’occhiata accurata. Gli autori sono completamente incompetenti... non hanno nessuna idea di stile o struttura. Comincia come un giallo, poi passa alla fantascienza, poi parte con il soprannaturale ed è pieno delle più dettagliate informazioni su dozzine di argomenti orribilmente noiosi. E la sequenza temporale è completamente sfasata in un'imitazione molto pretenziosa di Faulkner e Joyce. Peggio ancora, ha delle scene di sesso volgari, sicuramente buttate dentro solo per vendere, e gli autori, dei quali non ho mai sentito parlare, hanno il supremo cattivo gusto di inserire delle figure politiche vere in questa purea e fingono di scoprire una vera cospirazione. Puoi star certo che non sprecherò tempo a leggere questa spazzatura, ma avrò una recensione perfettamente devastante pronta per domani a mezzogiorno.” L’editore della rivista, Peter Jackson, risponde accomodante: “Be’, non ci aspettiamo che tu legga ogni libro che recensisci, [...] finché sei divertente quando lo fai.”

Invece Io, il mio tempo l’ho “sprecato”. E a dirla tutta, a leggere questa trilogia non mi è parso di sprecarne molto. La trilogia è composta da: “L’occhio nella piramide” (vol. 1°), “La mela d’oro” (vol. 2°) e “Il leviatano” (vol. 3°). I due autori sono Robert Anton Wilson, scrittore e filosofo americano nato a New York nel 1932 e morto nel 2006 all’età di 74 anni; e Robert Shea, giornalista e romanziere americano nato nel 1933 e morto nel 1994.

I due si incontrarono sul finire degli anni ’60 nella redazione del mensile Playboy, in cui lavoravano entrambi come giornalisti. Si dice che gran parte del materiale da cui è poi tratto il romanzo, sia stata in gran parte presa dalle lettere che in quegli anni venivano spedite alla redazione. Stando alla leggenda, i due autori decisero di collaborare alla realizzazione di un romanzo in cui combinare sesso, droga, sette religiose e cospirazioni. Le rispettive divergenze politiche e filosofiche avrebbero contribuito ad arricchire il romanzo senza privilegiare alcun punto di vista.

L’obbiettivo di Wilson, già riconosciuto come episkopos del movimento dei “discordiani”, era quello di cercare di guidare la gente verso uno gnosticismo generale. Non solo su Dio o la fede Cristiana, ma su tutto! Tutto è esattamente quello che troviamo in questo anti-pamphlet. Dove ogni possibile argomento esoterico, massonico e cospirazionista trova la sua giusta locazione: dall’assassinio di JF Kennedy alla civiltà sommersa di Atlantide, passando per gli Illuminati. Il loro scopo, sempre restando fedeli alla leggenda, era di trattare umoristicamente i temi della controcultura americana degli anni ’60. Tranne poi però, continuare a espanderli nei libri successivi, almeno per quanto riguarda lo stesso Wilson.


Dunque perché preoccuparci di un lavoro che appare, a voler essere gentili, quanto meno ironico e irrispettoso verso le teorie cospirazioniste in generale e verso gli “illuminati” in particolare? Perché questo libro ha ispirato il gioco di carte della Steve Jackson Games, chiamato proprio: “Illuminati: nuovo ordine mondiale”. Questa trilogia infatti potrebbe essere la causa dal quale è partito, con attenzione via via crescente, il recente interesse verso gli illuminati e le teorie cospirazioniste a essi legate. Non voglio influenzare il lettore con la mia opinione in merito, ma se gli illuminati sono un argomento di vostro interesse allora questa trilogia dovete leggerla. Tuttavia vorrei in questo breve excursus inserire quanto gli autori stessi, sempre per bocca di uno dei personaggi del romanzo (Saul Goodman), ipotizzano sugli illuminati: “Possiamo essere contenti almeno di una cosa: gli Illuminati non controllano il mondo. Ci stanno solo provando. [...] In primo luogo, o gli illuminati vogliono pubblicità, o non la vogliono. Se controllano tutto, e vogliono pubblicità, sarebbero sui cartelloni pubblicitari più spesso della Coca-Cola e in TV più di Lucilie Ball - (attrice statunitense degli anni ‘40/’50) -. D’altro canto, se controllano tutto e non vogliono pubblicità, niente di queste riviste e libri sarebbe sopravvissuto: sarebbero scomparsi dalle biblioteche, librerie e magazzini delle case editrici.

[...] In secondo luogo, se vuoi reclutare gente in una cospirazione, a parte l’idealismo e quanti altri nobili motivi tu voglia sfruttare in loro, useresti sempre la speranza. Esagereresti la dimensione e la potenza della cospirazione, perché la maggioranza vuole unirsi alla squadra che vince. Perciò tutte le asserzioni a proposito della reale forza degli Illuminati, devono essere considerate a fortiori come sospette, come le statistiche fatte dai candidati prima delle elezioni. Infine, spaventare l’opposizione paga sempre. Perciò una cospirazione avrà sempre lo stesso comportamento che gli etologi hanno osservato negli animali aggrediti: si gonfierà e cercherà d’apparire più grande. In breve, a reclute vere o potenziali e a nemici attuali o potenziali, verrà data la stessa impressione falsa: che gli Illuminati sono due, o dieci, o cento volte la loro misura reale. Questo è logico, ma il primo punto era empirico – i memo esistono – e perciò logica ed empirismo si confermano a vicenda: gli Illuminati non sono capaci di controllare tutto.

E allora? Sono in giro da un mucchio di tempo e sono instancabili come i matematici russi che hanno calcolato “p” fino al millesimo decimale. La probabilità è, allora, che controllino alcune cose e ne influenzino altre. La probabilità aumenta se ripensi ai memo. I due principali rami arabi, gli hashishim e i roshinaya, furono entrambi spazzati via; gli Illuminati italiani furono schiacciati nel 1507; l’ordine di Weishaupt fu soppresso dal governo bavarese nel 1785; e così via. Se erano dietro alla Rivoluzione francese, la influenzarono, piuttosto che controllarla, poiché Napoleone disfò tutto quello che i giacobini avevano iniziato. Che abbiano avuto una parte sia nel comunismo sovietico sia nel nazismo tedesco è plausibile, considerando le molte similarità tra i due; ma se li controllavano entrambi, perché si schierarono su fazioni opposte nella seconda guerra mondiale? E se mandavano avanti sia il Partito federalista, attraverso Washington, sia i Democratici repubblicani, attraverso Jefferson, qual’era lo scopo della controrivoluzione di Aaron Burr, della quale pure sono ritenuti essere responsabili?
Il quadro che ottengo non è di un grande burattinaio che muova tutti per fili invisibili, ma una qualche specie di polipo con milioni di tentacoli, chiamiamolo millipode, che costantemente getta fuori tentacoli e spesso non ritira indietro che un moncherino insanguinato, gridando sconfitto di nuovo! Ma il millipode è molto attivo e pieno di risorse. Se controllasse il pianeta, potrebbe scegliere di operare allo scoperto o mantenere la segretezza, ma dal momento che non ha ancora l’onnipotenza, deve scegliere di essere quanto più anonimo possibile. Perciò molti dei suoi tentacoli sonderanno le aree della comunicazione e dell’editoria. Vuole sapere quando qualcuno sta indagando o preparandosi a pubblicare un’indagine che ha già completato. Trovando una persona simile, ha a quel punto due scelte: ucciderla o neutralizzarla. L’assassinio può essere usato in certe emergenze, ma se possibile verrà evitato: non sai mai se una persona del genere ha nascosto copie dei suoi documenti in posti differenti e che non vengano fuori dopo la sua morte. La neutralizzazione è quasi sempre meglio.
[...] La migliore forma di neutralizzazione è il reclutamento, naturalmente. Ma ogni tentativo duro o affrettato di reclutamento viene detto nello slang delle spie, nel business dello spionaggio, “calarsi le braghe”, perché rende più vulnerabili. L’approccio più sicuro è il reclutamento graduale, mascherato da qualcos’altro. Il miglior travestimento, naturalmente, è la pretesa d’aiutare il soggetto nella sua investigazione. Questo apre anche la seconda e preferibile opzione, che lo porta a una caccia alla chimera. Mandarlo a cercare gli Illuminati in organizzazioni che non hanno mai infiltrato. Alimentandolo con sciocchezze come quella roba degli Illuminati che vengono dal pianeta Vulcano o discendono da Eva e il serpente. Meglio ancora, però, è raccontare che lo scopo della cospirazione sia qualcosa di diverso da quello che realmente è, specialmente se la storia che gli dai a bere va d’accordo con i suoi ideali, visto che questo può poi portare al reclutamento.”

Shadow


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lunedì 6 maggio 2013

I Rothschild

 
I Rothschild, una delle dinastie bancarie più ricche
Rothschild. Chiedete ai più chi sono e non sapranno rispondervi, o forse sapranno farlo ma in modo vago. Nonostante siano la dinastia di banchieri tra le più ricche del mondo, da almeno tre secoli le cronache di storia, i quotidiani e le riviste di gossip si sono dimenticati di loro. Tuttavia, e a dispetto della loro famigerata invisibilità mediatica, negli ultimi tempi il loro nome compare sempre più spesso. Dove? Su internet! Siti sulla cospirazione massonica, bancaria, finanziaria, mondiale. Vale dunque la pena approfondire l’argomento. Come sempre iniziamo col chiederci: chi sono i Rothschild?

Qui, ahimè, iniziano i problemi. Se da un lato le cronache, i giornali e le riviste hanno sempre parlato molto poco della “Famiglia”, dall’altro lato troviamo una vastità di informazioni su cosa fanno o hanno fatto negli ultimi tre secoli da rendere arduo stilarne un elenco o anche solo seguirne le fila. L’invisibilità mediatica e l’abbondanza di informazioni conducono alla fin fine allo stesso risultato
 
Lo Judengasse, il quartiere ebraico


Per cercare di dipanare la matassa bisogna ripartire dal capostipite: Amschel Moses Bauer. È il 1743 e ci troviamo a Francoforte. Johann Wolfgang Goethe descrive lo Judengasse, il quartiere ebraico, come: “[...] una via stretta, angosciante e sporca, con case imbrattate di fumo e una popolazione brulicante”. In questa via si trova una casa con un’insegna: un’aquila romana su uno scudo rosso. In questa casa Amschel Moses Bauer conduce la sua attività di orafo. Egli tratta medaglie e monete antiche, si dice sia un esperto, ma soprattutto ha il fiuto dell’usuraio. La sua attività divenne famosa come la “ditta dello scudo rosso”.

Rothen-schild

Fermiamoci un attimo. Pur non avendo dimestichezza con il tedesco, non si può non notare che in questa lingua roth-schild (rothen schild) significa proprio “scudo rosso”. Fu il figlio di Bauer, Mayer Amschel, a cambiare il nome in Rothschild. Dopo aver fatto esperienza presso la banca degli Oppenheim (banca privata dal 1789) e conservando con essi un buon rapporto, egli ereditò l’attività di famiglia e si mise in proprio a prestare denaro. Presto scoprì che prestare denaro agli Stati era molto più remunerativo che prestarli ai privati cittadini. Inoltre i soldi erano garantiti dalle tasse.

La dinastia Rothschild

Assieme alla sua consorte, Gertrude Schnapper, ebbe cinque figli: Amschel (1773-1855), Salomon (1774-1855), Nathan (1777-1836), Karl (1788-1855) e Jacob (1792-1868). Il maggiore rimase a Francoforte, per proseguire l’attività di famiglia. Il secondo andò a Vienna dove fondò una filiale della banca. Il terzo, Nathan, il più promettente dei cinque, si recò a Londra. Nei pressi di Manchester avviò un impresa tessile. Al quarto toccò Napoli, in cui si mise a prestare soldi alla Chiesa Cattolica e all’aristocrazia italiana. Il quinto, infine, andò a Parigi.
Stemma,, le cinque frecce

A questo punto la famiglia era sparpagliata su cinque diverse nazioni. Ma nonostante questo proseguire coi loro affari in comunione d’intenti. A sancirlo un nuovo stemma: cinque frecce che si intersecano in un unico punto. Le cinque frecce rappresentano i cinque fratelli. Il nastro che le lega, la comunione di intenti.

Mayer Amschel

Come abbiamo detto, Nathan era il più promettente. Tuttavia, a causa del blocco continentale delle esportazioni inglesi, l’impresa tessile fallì. Tornò quindi a Londra dove incrementò le sue risorse e il prestigio sposando Hannah Barent Cohen, figlia di uno dei più ricchi mercanti ebrei londinesi. A Londra fondò una filiale della banca di famiglia e avviò operazioni speculative su titoli britannici ed esteri, cambi valute, metalli preziosi, ecc. In breve tempo divenne un’autorità in campo finanziario.
Nel frattempo il sopraggiungere di Napoleone aveva portato scompiglio fra le monarchie europee. La Germania all’epoca era un crogiolo di piccoli feudi, principati e città stato. Molte famiglie aristocratiche si spartivano il territorio. Fra queste, il più ricco di tutti era Guglielmo IX, Langravio di Hesse-Cassel. Mayer Amschel Rothschild si era già guadagnato la fiducia del nobile, aiutandolo riguardo alle monete antiche e a piccole operazioni di speculazione finanziaria. Col sopraggiungere degli eserciti di Bonaparte però, Guglielmo dovette abbandonare il proprio principato. E per la paura di perdere le ricchezze accumulate, affidò a Nathan 550.000 franchi (una cifra enorme per l’epoca) con il compito di acquistare obbligazioni Britanniche fino al suo ritorno.
Napoleone Bonaparte

Si dice che Nathan non acquistò mai quelle obbligazioni, ma utilizzò il denaro del principe D’Assia per fare delle speculazioni di altro tipo. Con l’Europa in fermento, vi erano grandi opportunità per chi sapeva coglierle. Una delle occasioni più ricche era rappresentata dagli investimenti bellici. Era considerata un’operazione normale per le banche finanziare gli armamenti in periodi di guerra. Nathan finanziò il Duca di Wellington. Novanta giorni dopo la sua fuga dall’isola d’Elba, l’esercito di Napoleone si scontro con quello di Wellington nei pressi Waterloo perdendo.
Tuttavia Nathan Rothschild non aveva finanziato solo il duca, ma entrambi gli schieramenti. Napoleone per armare il suo esercito aveva preso in prestito dalla Banca di Francia ben cinque milioni di franchi. Il trucco nel finanziare entrambe le parti consisteva nel dare un po’ di più a chi si favoriva per la vittoria, con la promessa che il vincitore avrebbe ripagato anche il prestito dello sconfitto. I Rothschild vinsero quindi il contratto per i pagamenti dei tributi agli alleati europei. Il governo francese dovette far ricorso ai prestiti privati per rimpinguare le casse prosciugate dalle guerre napoleoniche. Ricorrendo naturalmente ai Rothschild. Nel frattempo Salomon a Vienna finanziava il debito austriaco attraverso i contratti di prestito al principe Metternich.

Arthur Wellesley, duca di Wellington

A questo punto pensate di aver già più o meno capito la situazione. In fondo la storia che stiamo raccontando non è molto diversa da ciò che ci si aspetta faccia una banca. Ma c’è dell’altro. Perché è proprio adesso che le cose si complicano. Sul campo di Waterloo, Nathan, mise un suo uomo fidato che giunse a Londra un giorno prima della staffetta del duca di Wellington. Egli diede la notizia della vittoria del duca al suo padrone e questi si recò alla borsa di Londra. Si mise vicino ad una colonna con aria affranta e lo sguardo basso. Dopo un po’ iniziò a vendere le obbligazioni statali Britanniche. Fu il caos. Essendo Nathan Rothschild ormai un’autorità in campo finanziario, a Londra tutti pensarono che Napoleone avesse vinto. Così il panico si diffuse e tutti iniziarono a vendere le proprie obbligazioni a prezzi sempre più bassi. Nel frattempo la rete di agenti fidati di Nathan le ricompravano a prezzi stracciati. Tutto questo fruttò una fortuna. Si dice cinquanta milioni di sterline.
Guglielm

Le risorse dei Rothschild aumentarono tanto che durante la crisi
del 1826, quando la Banca d’Inghilterra rischio il crollo a causa delle speculazioni sul mercato sudamericano, ai Rothschild bastò spostare pochi quattrini per evitarne la bancarotta. L’oro giunse ufficialmente dalla Banca di Francia.

Per concludere la storia, dopo la sconfitta di Napoleone, il Principe D’Assia Guglielmo pretese la restituzione del proprio capitale. I Rothschild restituirono l’intera somma con l’interesse dell’8%. Lo stesso che avrebbe guadagnato il Principe se avesse effettivamente acquistato le obbligazioni Britanniche in quel periodo. Naturalmente trattennero per se i guadagni derivanti dal vero investimento: le guerre!
Qual era dunque il segreto dei Rothschild? Due: la “Riserva Frazionaria”, vale a dire prestare soldi non propri facendo affidamento sul fatto che i depositari non ne richiedessero troppo di frequente o troppo presto o tutti insieme la restituzione; e l’internazionalizzazione della banca Rothschild. Non legando l’attività bancaria ad una sola nazione, essi potevano sfruttare il fatto di avere sedi in diverse nazioni per accrescere le possibilità di prestiti, ma anche per nascondere i depositi dalle mani di usurpatori. Lo si può forse considerare il primo esempio di globalizzazione.

Evitando a questo punto di fare un lunghissimo elenco delle attività e delle imprese finanziate dai Rothschild nei vari secoli, basti dire che essi investirono non solo nei titoli di Stato, ma anche in attività industriali quali: ferrovie, carbone, lavorazione del ferro, petrolio e metallurgia. Finanziarono Cecil Rhodes consentendogli di instaurare un monopolio sulle miniere d’oro e diamanti del Sudafrica. Finanziarono gli Harriman e i Vanderbilt nelle ferrovie e nella stampa, i Carnegie nell’industria dell’acciaio. Attraverso la National City Bank di Cleveland finanziarono il progetto monopolistico di John D. Rockefeller, la Standard Oil. Durante la Prima Guerra Mondiale si pensava che J.P. Morgan fosse l’uomo più ricco d’America. Alla sua morte, con la lettura del testamento, si scoprì con sorpresa che solo il 19% delle aziende che gestiva erano effettivamente di sua proprietà. Il resto era da ricondurre attraverso vari intermediari ai Rothschild.
Essi avevano così tanto oro che dal 1919 al 2004, attraverso LBMA, i Rothschild decidevano il prezzo dell’oro due volte al giorno. Nel 2004 il loro seggio all’LBMA fu ceduto alla Barclays per 100 milioni di dollari. Motivazione? Il settore era ormai poco interessante. C’è da chiedersi perché proprio nell’ultimo decennio siano sorti così tanti “Compro Oro”.
Per concludere. Sulla famiglia Rothschild si legge di tutto, compreso che siano degli alieni, dei rettiliani, e che abbiano finanziato Hitler e il suo progetto di sterminio della razza ebraica. Il Quale, a quanto si dice, era egli stesso un Rothschild (o un rettiliano?). Benché non possa né confermare né negare a priori questi dati, in generale forse si esagera un po’. Si tende a mischiare congetture fantasiose con il fatto innegabile che questa dinastia abbia, nel campo bancario, giocato un ruolo molto rilevante negli ultimi tre secoli. E lo si fa magari per screditare chi intende avvicinarsi al problema con serietà. Invece meno fantasioso è forse chi sospetta, magari anche solo precauzionalmente, che una dinastia così potente e diramata, così ricca e intraprendente, possa barattare l’etica col profitto. Personalmente, piuttosto che credere a rettiliani e hitleriani, sarei tentato di approfondire il ruolo di questa famiglia nel club Bilderberg/Trilaterale e la loro influenza nella politica in campo internazionale.
Alcune domande rimangono aperte. Perché si parla così tanto dei Rothschild oggi? Qualcuno sta muovendo le fila per farli uscire finalmente allo scoperto o a loro volta sono vittime di un complotto che serve a coprire altro? Come sempre, quando si parla troppo di qualcosa è per nascondere allo sguardo qualcos’altro...

Shadow



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