lunedì 6 maggio 2013

I Rothschild

 
I Rothschild, una delle dinastie bancarie più ricche
Rothschild. Chiedete ai più chi sono e non sapranno rispondervi, o forse sapranno farlo ma in modo vago. Nonostante siano la dinastia di banchieri tra le più ricche del mondo, da almeno tre secoli le cronache di storia, i quotidiani e le riviste di gossip si sono dimenticati di loro. Tuttavia, e a dispetto della loro famigerata invisibilità mediatica, negli ultimi tempi il loro nome compare sempre più spesso. Dove? Su internet! Siti sulla cospirazione massonica, bancaria, finanziaria, mondiale. Vale dunque la pena approfondire l’argomento. Come sempre iniziamo col chiederci: chi sono i Rothschild?

Qui, ahimè, iniziano i problemi. Se da un lato le cronache, i giornali e le riviste hanno sempre parlato molto poco della “Famiglia”, dall’altro lato troviamo una vastità di informazioni su cosa fanno o hanno fatto negli ultimi tre secoli da rendere arduo stilarne un elenco o anche solo seguirne le fila. L’invisibilità mediatica e l’abbondanza di informazioni conducono alla fin fine allo stesso risultato
 
Lo Judengasse, il quartiere ebraico


Per cercare di dipanare la matassa bisogna ripartire dal capostipite: Amschel Moses Bauer. È il 1743 e ci troviamo a Francoforte. Johann Wolfgang Goethe descrive lo Judengasse, il quartiere ebraico, come: “[...] una via stretta, angosciante e sporca, con case imbrattate di fumo e una popolazione brulicante”. In questa via si trova una casa con un’insegna: un’aquila romana su uno scudo rosso. In questa casa Amschel Moses Bauer conduce la sua attività di orafo. Egli tratta medaglie e monete antiche, si dice sia un esperto, ma soprattutto ha il fiuto dell’usuraio. La sua attività divenne famosa come la “ditta dello scudo rosso”.

Rothen-schild

Fermiamoci un attimo. Pur non avendo dimestichezza con il tedesco, non si può non notare che in questa lingua roth-schild (rothen schild) significa proprio “scudo rosso”. Fu il figlio di Bauer, Mayer Amschel, a cambiare il nome in Rothschild. Dopo aver fatto esperienza presso la banca degli Oppenheim (banca privata dal 1789) e conservando con essi un buon rapporto, egli ereditò l’attività di famiglia e si mise in proprio a prestare denaro. Presto scoprì che prestare denaro agli Stati era molto più remunerativo che prestarli ai privati cittadini. Inoltre i soldi erano garantiti dalle tasse.

La dinastia Rothschild

Assieme alla sua consorte, Gertrude Schnapper, ebbe cinque figli: Amschel (1773-1855), Salomon (1774-1855), Nathan (1777-1836), Karl (1788-1855) e Jacob (1792-1868). Il maggiore rimase a Francoforte, per proseguire l’attività di famiglia. Il secondo andò a Vienna dove fondò una filiale della banca. Il terzo, Nathan, il più promettente dei cinque, si recò a Londra. Nei pressi di Manchester avviò un impresa tessile. Al quarto toccò Napoli, in cui si mise a prestare soldi alla Chiesa Cattolica e all’aristocrazia italiana. Il quinto, infine, andò a Parigi.
Stemma,, le cinque frecce

A questo punto la famiglia era sparpagliata su cinque diverse nazioni. Ma nonostante questo proseguire coi loro affari in comunione d’intenti. A sancirlo un nuovo stemma: cinque frecce che si intersecano in un unico punto. Le cinque frecce rappresentano i cinque fratelli. Il nastro che le lega, la comunione di intenti.

Mayer Amschel

Come abbiamo detto, Nathan era il più promettente. Tuttavia, a causa del blocco continentale delle esportazioni inglesi, l’impresa tessile fallì. Tornò quindi a Londra dove incrementò le sue risorse e il prestigio sposando Hannah Barent Cohen, figlia di uno dei più ricchi mercanti ebrei londinesi. A Londra fondò una filiale della banca di famiglia e avviò operazioni speculative su titoli britannici ed esteri, cambi valute, metalli preziosi, ecc. In breve tempo divenne un’autorità in campo finanziario.
Nel frattempo il sopraggiungere di Napoleone aveva portato scompiglio fra le monarchie europee. La Germania all’epoca era un crogiolo di piccoli feudi, principati e città stato. Molte famiglie aristocratiche si spartivano il territorio. Fra queste, il più ricco di tutti era Guglielmo IX, Langravio di Hesse-Cassel. Mayer Amschel Rothschild si era già guadagnato la fiducia del nobile, aiutandolo riguardo alle monete antiche e a piccole operazioni di speculazione finanziaria. Col sopraggiungere degli eserciti di Bonaparte però, Guglielmo dovette abbandonare il proprio principato. E per la paura di perdere le ricchezze accumulate, affidò a Nathan 550.000 franchi (una cifra enorme per l’epoca) con il compito di acquistare obbligazioni Britanniche fino al suo ritorno.
Napoleone Bonaparte

Si dice che Nathan non acquistò mai quelle obbligazioni, ma utilizzò il denaro del principe D’Assia per fare delle speculazioni di altro tipo. Con l’Europa in fermento, vi erano grandi opportunità per chi sapeva coglierle. Una delle occasioni più ricche era rappresentata dagli investimenti bellici. Era considerata un’operazione normale per le banche finanziare gli armamenti in periodi di guerra. Nathan finanziò il Duca di Wellington. Novanta giorni dopo la sua fuga dall’isola d’Elba, l’esercito di Napoleone si scontro con quello di Wellington nei pressi Waterloo perdendo.
Tuttavia Nathan Rothschild non aveva finanziato solo il duca, ma entrambi gli schieramenti. Napoleone per armare il suo esercito aveva preso in prestito dalla Banca di Francia ben cinque milioni di franchi. Il trucco nel finanziare entrambe le parti consisteva nel dare un po’ di più a chi si favoriva per la vittoria, con la promessa che il vincitore avrebbe ripagato anche il prestito dello sconfitto. I Rothschild vinsero quindi il contratto per i pagamenti dei tributi agli alleati europei. Il governo francese dovette far ricorso ai prestiti privati per rimpinguare le casse prosciugate dalle guerre napoleoniche. Ricorrendo naturalmente ai Rothschild. Nel frattempo Salomon a Vienna finanziava il debito austriaco attraverso i contratti di prestito al principe Metternich.

Arthur Wellesley, duca di Wellington

A questo punto pensate di aver già più o meno capito la situazione. In fondo la storia che stiamo raccontando non è molto diversa da ciò che ci si aspetta faccia una banca. Ma c’è dell’altro. Perché è proprio adesso che le cose si complicano. Sul campo di Waterloo, Nathan, mise un suo uomo fidato che giunse a Londra un giorno prima della staffetta del duca di Wellington. Egli diede la notizia della vittoria del duca al suo padrone e questi si recò alla borsa di Londra. Si mise vicino ad una colonna con aria affranta e lo sguardo basso. Dopo un po’ iniziò a vendere le obbligazioni statali Britanniche. Fu il caos. Essendo Nathan Rothschild ormai un’autorità in campo finanziario, a Londra tutti pensarono che Napoleone avesse vinto. Così il panico si diffuse e tutti iniziarono a vendere le proprie obbligazioni a prezzi sempre più bassi. Nel frattempo la rete di agenti fidati di Nathan le ricompravano a prezzi stracciati. Tutto questo fruttò una fortuna. Si dice cinquanta milioni di sterline.
Guglielm

Le risorse dei Rothschild aumentarono tanto che durante la crisi
del 1826, quando la Banca d’Inghilterra rischio il crollo a causa delle speculazioni sul mercato sudamericano, ai Rothschild bastò spostare pochi quattrini per evitarne la bancarotta. L’oro giunse ufficialmente dalla Banca di Francia.

Per concludere la storia, dopo la sconfitta di Napoleone, il Principe D’Assia Guglielmo pretese la restituzione del proprio capitale. I Rothschild restituirono l’intera somma con l’interesse dell’8%. Lo stesso che avrebbe guadagnato il Principe se avesse effettivamente acquistato le obbligazioni Britanniche in quel periodo. Naturalmente trattennero per se i guadagni derivanti dal vero investimento: le guerre!
Qual era dunque il segreto dei Rothschild? Due: la “Riserva Frazionaria”, vale a dire prestare soldi non propri facendo affidamento sul fatto che i depositari non ne richiedessero troppo di frequente o troppo presto o tutti insieme la restituzione; e l’internazionalizzazione della banca Rothschild. Non legando l’attività bancaria ad una sola nazione, essi potevano sfruttare il fatto di avere sedi in diverse nazioni per accrescere le possibilità di prestiti, ma anche per nascondere i depositi dalle mani di usurpatori. Lo si può forse considerare il primo esempio di globalizzazione.

Evitando a questo punto di fare un lunghissimo elenco delle attività e delle imprese finanziate dai Rothschild nei vari secoli, basti dire che essi investirono non solo nei titoli di Stato, ma anche in attività industriali quali: ferrovie, carbone, lavorazione del ferro, petrolio e metallurgia. Finanziarono Cecil Rhodes consentendogli di instaurare un monopolio sulle miniere d’oro e diamanti del Sudafrica. Finanziarono gli Harriman e i Vanderbilt nelle ferrovie e nella stampa, i Carnegie nell’industria dell’acciaio. Attraverso la National City Bank di Cleveland finanziarono il progetto monopolistico di John D. Rockefeller, la Standard Oil. Durante la Prima Guerra Mondiale si pensava che J.P. Morgan fosse l’uomo più ricco d’America. Alla sua morte, con la lettura del testamento, si scoprì con sorpresa che solo il 19% delle aziende che gestiva erano effettivamente di sua proprietà. Il resto era da ricondurre attraverso vari intermediari ai Rothschild.
Essi avevano così tanto oro che dal 1919 al 2004, attraverso LBMA, i Rothschild decidevano il prezzo dell’oro due volte al giorno. Nel 2004 il loro seggio all’LBMA fu ceduto alla Barclays per 100 milioni di dollari. Motivazione? Il settore era ormai poco interessante. C’è da chiedersi perché proprio nell’ultimo decennio siano sorti così tanti “Compro Oro”.
Per concludere. Sulla famiglia Rothschild si legge di tutto, compreso che siano degli alieni, dei rettiliani, e che abbiano finanziato Hitler e il suo progetto di sterminio della razza ebraica. Il Quale, a quanto si dice, era egli stesso un Rothschild (o un rettiliano?). Benché non possa né confermare né negare a priori questi dati, in generale forse si esagera un po’. Si tende a mischiare congetture fantasiose con il fatto innegabile che questa dinastia abbia, nel campo bancario, giocato un ruolo molto rilevante negli ultimi tre secoli. E lo si fa magari per screditare chi intende avvicinarsi al problema con serietà. Invece meno fantasioso è forse chi sospetta, magari anche solo precauzionalmente, che una dinastia così potente e diramata, così ricca e intraprendente, possa barattare l’etica col profitto. Personalmente, piuttosto che credere a rettiliani e hitleriani, sarei tentato di approfondire il ruolo di questa famiglia nel club Bilderberg/Trilaterale e la loro influenza nella politica in campo internazionale.
Alcune domande rimangono aperte. Perché si parla così tanto dei Rothschild oggi? Qualcuno sta muovendo le fila per farli uscire finalmente allo scoperto o a loro volta sono vittime di un complotto che serve a coprire altro? Come sempre, quando si parla troppo di qualcosa è per nascondere allo sguardo qualcos’altro...

Shadow



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